Quante volte riferendoci al nostro amico a quattro zampe abbiamo esclamato: “Gli manca solo la parola!”? Ora nemmeno più quella.In Giappone dal 2002, è stato creato un dispositivo chiamato Bowlingual capace di tradurre il linguaggio canino, da un semplice abbaiare a un latrato o un uggiolio.
La pecca di questo marchingegno è che per ora è solo in lingua giapponese o inglese. Appena l’apparecchio fu immesso sul mercato nel 2002, se ne vendettero 300.000 esemplari in tutto il Giappone.
La nuova versione creata è più piccola e si compone di un collare e un ricevitore che traduce il verso dell’animale sullo schermo.
L’idea per oltrepassare le barriere linguistiche tra l’uomo e il cane si deve a Keita Satoh, capo della Takara, una fabbrica di giocattoli giapponese fattasi potente con i Pokemon. Ma l'impresa era troppo grande per un uomo solo. E quindi la Takara decide di avvalersi dell’aiuto di Norio Kogure, direttore di una clinica vetrinaria di Tokyo, e dell'americana Tamara Shearer, autrice di “Pronto soccorso per il tuo cane” (seguito a ruota da Pronto soccorso per il tuo gatto).
Accompagnati anche dalla superba mente scientifica di Matsumi Suzuki, presidente del Laboratorio Giapponese di Acustica, si sviluppa il cuore del Bowlingual: una memoria di migliaia di rumori canini, collezionati girando di casa in casa di svariati proprietari di cani; un set di suoni archiviati per razza e debitamente associati a sei emozioni base delle bestie domestiche.
Il prezzo del prodotto è di circa 20.000 yen (150 Euro) e dopo l’enorme successo i produttori vogliono commercializzarlo su larga scala anche se per ora la vendita è estesa solo al Giappone.
Come ogni prodotto o nuova scoperta però, c’è chi ha voluto (giustamente) mettere alla prova il dispositivo.
La prima prova è stata fatta su Aristotele, un bestione nero e gocciolante di 40 kili, razza corsa che sta abbaiando davanti ad un supermercato, apparentemente disperato per aver perso il padrone dentro il reparto orto frutticolo. Il Bowlingual, mi chiede di selezionare la razza, ma gli inventori non hanno inserito la razza di Aristotele nella lista. E’ stato scelto cosi lo “Schnautzer”, un parente.
Così facendo il profondo “Borf!” del cane si traduce in “qualcosa mi disturba”. Un cane frustrato, insomma. Fin qui tutto sembra tornare fino al secondo “Borf!” nella quale l’apparecchio indica “:-)” ovvero “Felice!” ma guardando Aristotele pare proprio di no.
Seconda prova fatta invece su Jan, un bastardo di un Labrador retriever. Si rifiuta di abbaiare.
Terzo cane classificato dal Bowlingual come yorkshire, abbaiando dice “Non voglio entrare in contatto con te” passando per “Non so cosa fare” proseguendo con “Sto bene” e con “Sono tristissimo perché voglio diventare umano”.
Ora, ne traggo due conclusioni: o il cane in questione ha la sindrome del Dott. Jekill e Mr. Hyde oppure il marchingegno ha qualcosa che non va.
A queste critiche la casa produttrice risponde “Il traduttore è un giocattolo. Serve solo ad incoraggiare l’interattività tra uomini e cani”.
Non male per un “giocattolo” da 150 Euro però credo che i padroni ora che hanno capito che è un giocattolo continueranno con il vecchio gioco del tiro della pallina o del bastone.
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